Come nasce una visione del mondo e del progresso?
Rifkin nel saggio Entropia spiega che “Nel corso della storia gli esseri umani hanno sempre sentito il bisogno di costruirsi un quadro di riferimento per organizzare le attività della loro vita”. Poi prosegue affermando che stabilire un ordine per chiarire il come e il perché della vita quotidiana è sempre stato un ingrediente essenziale della cultura di ogni società; e che l’aspetto più cruciale di una visione del mondo è che la maggior parte degli individui che la condividono non si rendono conto di come essa influenzi il loro modo di agire e di percepire la realtà circostante. La conclusione che si può fare, dunque, è che una visione del mondo si afferma è interiorizza in noi fin dall’infanzia così bene da non venire poi più messa in discussione.
Ma c’è anche una seconda conclusione, secondo Rifkin, ed è che una buona parte delle persone ritengono che il mondo stia progredendo verso una condizione migliore per il continuo accumularsi di conoscenze e tecnologia. Credono che l’individuo esiste come un’entità autonoma, che la natura sia ordinata a suo favore, che le persone abbiano sempre desiderato la proprietà privata e che la competizione tra individui abbia sempre avuto luogo. Inoltre, spiega Rifkin, la cosa più preoccupante è che la maggior parte delle persone sono convinte che queste credenze facciano parte della ‘natura umana’ e siano immutabili quando invece altri tipi di società e di civiltà in diversi momenti della storia nemmeno sarebbero state in grado di capire alcuni concetti che noi oggi attribuiamo alla natura umana.
È così enorme la potenza di una visione del mondo, che questa di gran lunga supera la percezione della realtà ed è così travolgente che pochi riescono immaginare che possa esistere un altro modo di concepire le cose. Rifkin afferma che “se ci fosse la possibilità di fare un viaggio nel tempo, per esempio nel Medioevo, un servo della gleba non avrebbe niente d’interessante da raccontarci. Se avessimo cercato di capire come fosse la sua vita e gli avessimo chiesto cosa fa per migliorare la sua sorte, o che tipo di benessere pensasse di dare ai suoi figli, o quali traguardi avesse, invece di ottenere una qualche risposta, avremmo notato nei suoi occhi un’ espressione di vuoto.
Questo non perché stessimo parlando al vento, o perché la sua mente non fosse abbastanza sviluppata per uno scambio d’idee, ma piuttosto in quanto le sue idee sulla vita e il mondo sarebbero state assolutamente diverse dalle nostre”. Infatti, egli prosegue, “l’idea cristiana della storia che dominò l’Europa nel Medioevo era strutturata in una visione dove Dio controllava ogni singolo evento. Un Dio persona che interveniva in tutti gli aspetti dell’esistenza. Tutto quello che avveniva o non avveniva era perché “EGLI” l’aveva voluto. Non c’era alcuna possibilità di mete o di obiettivi personali, desideri d’andare avanti o di lasciarsi qualcosa dietro le spalle.”
Ma un giorno, improvvisamente …
“Non si saprà mai quanti insegnanti abbiano fatto lezione e quanti studenti siano stati obbligati ad ascoltarli nel corso della storia, certamente poche lezioni hanno lasciato davvero il segno”, afferma Rifkin. “Jacques Turgot, professore di storia alla Sorbona, un giorno dell’anno 1750 entrò in classe e iniziò una lezione ‘sul progresso storico della mente umana’, una lunga lezione che avrebbe fatto epoca. Con tale esposizione egli voleva ‘trasmettere’ agli studenti una nuova concezione e visione ideologica della storia e del progresso sino ai tempi moderni. La lezione che iniziò con la storia al tempo della Grecia di Platone e Aristotele, proseguì sino a san Paolo e ai tempi di sant’Agostino e poi sino alla storia e visione del mondo ai tempi dei grandi pensatori del Medioevo. Infine il professor Turgot così concluse: la virtuosità del mutamento e movimento costanti della storia porta ad un progresso senza fine, anche se a volte può arrestarsi o fare alcuni passi indietro”.
Con la storica dissertazione, in contrapposizione alla visione e concezione della storia del mondo sostenuta sino allora dalla dottrina Cristiana della Chiesa, si crearono le basi per una solida convinzione che la storia va sempre avanti verso il perfezionamento della vita, qui, sulla Terra. Quella lontana lezione di Jacques Turgot nel 1750 ha cosi dato inizio a un cambiamento nella concezione moderna del mondo. La cosa grave è che oggi la maggior parte delle persone non riesce a prendere coscienza della necessità di cambiare questa visione di modernità.
È possibile, forse probabile, che il problema che non ci permette di partecipare a una svolta sia proprio questa oramai vecchia visione del mondo moderno e del progresso che abbiamo tutti ereditato ed è impressa a livello inconscio nella nostra memoria?
A cura di Bruno Tedeschi
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